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L’estate sembra non finire mai. Siamo ai primi di ottobre e il sole picchia come fossimo in pieno agosto. Buon per i vi-gnaioli che avranno un raccolto sicuramente meno abbondan-te ma di qualità superiore. Ma non per lui, Bruno Carcade, commissario capo di polizia in forza alla questura di Lucca, costretto a starsene chiuso in casa in preda a un attacco viru-lento di dissenteria che si era procurato laggiù, in Nord Afri-ca, nonostante tutte le precauzioni nel mangiare e nel bere. Si era perfino lavato i denti con l’acqua delle bottiglie sigillate e non aveva mai toccato verdure o alcun tipo di cibo crudo. Non era servito a niente. Fu come se l’infezione gli fosse ar-rivata in corpo direttamente dall’aria che aveva respirato. Porta e finestre sbarrate per isolarsi dal caldo e dai rumori. Telefoni staccati per non essere disturbato. Non vede l’ora che si faccia notte per spalancare tutto e respirare un po’ d’aria pulita e, se non fresca, perlomeno tiepida. Ciò che lo prostra di più non è tanto il dolore fisico che ar- riva improvviso con fitte lancinanti a intervalli regolari quan-to il doversi precipitare in bagno così spesso che l’aspiratore non riesce a risucchiare la puzza da lui stesso prodotta. Con tutti i medicinali che prende – bimixin, enterogermi- na, imodium, mylicongas… – casa sua sembra un angolo di farmacia nell’anticamera di una fossa biologica. Anche se da due giorni non ingoia cibo, i suoi intestini continuano ancora a espellere tanta di quella roba da non riuscire a capire come possano farlo. E i liquidi, acqua e tè, che beve in abbondanza, sembrano non passare più attraverso i reni, la vescica e l’uretere ma dagli intestini stessi. Insomma, non urina più dal pene ma dall’orifizio anale. Sta, quindi, vivendo in condizioni pietose e non riesce qua- si a connettere. Ma il dolore, il dolore vero, il dolore dell’ani-ma per quella che lui ritiene la perdita dell’amore di Elina, sua moglie, non accenna a placarsi. Era andato laggiù in Nord Africa, dove si è preso quella brutta infezione, per raggiungere Elina impegnata in una campagna di scavi archeologici. La campagna durava da più di sei mesi e lui non riusciva più a sopportare la sua mancan-za. Per questo l’aveva raggiunta. E lì, alle pendici di altissime dune del deserto e sulle rive di un lago salato, aveva vissuto dieci giorni di vera e propria felicità. Ma quando Elina gli dis-se che da lì a poco si sarebbe spostata nel Centro dell’Africa per una nuova campagna di scavi in un sito scoperto da poco, Bruno capì che qualcosa di profondo era cambiato nel loro rapporto. In Elina l’amore per il suo lavoro aveva superato l’amore La scoperta gli sconvolse la mente e il cuore. Ma fece finta di niente per evitare di apparire il solito maschilista egoista di cui tanto ricca è la fauna italiana e non solo. Decise semplicemente di anticipare il ritorno in Italia ri- servando a un futuro improbabile l’utilizzo dei dieci giorni di ferie che ancora gli restavano. In quello stato d’animo dolente non se la sentiva proprio di continuare a stare lì in attesa che la moglie partisse per la nuova destinazione. Aveva bisogno, come si dice, di elaborare il lutto in piena Ma ora, quell’attacco di cacarella, non gli consente nean- che questo. Appena comincia a pensare al suo “lutto” una nuova scarica gli mozza qualsiasi pensiero. Il primo segnale di guarigione è il ritorno della voglia di fumare. Per tutti i due giorni appena trascorsi solo l’idea del fumo gli procurava nausea. Ora invece ne ha una voglia mat-ta. Succede al calar della sera quando, stanco di passeggiare tra lo studio e il soggiorno, alza la serranda della portafinestra che dà sulla veranda e respira la prima boccata d’aria decente. Quel segnale però non lo convince appieno e rimanda la siga-retta. Ma quando si siede sulla poltroncina in vimini e, allun-gando lo sguardo al giardino, sente l’istinto di andare a innaf-fiare le piante, non ha più dubbi. La tempesta è passata. O le medicine hanno fatto effetto o il suo corpo ha vinto il virus. Allora accende la sigaretta e appoggia la testa sullo schiena-le. Ma non fa in tempo a fare che poche tirate che gli scivola dalle dita cadendo sul pavimento. Fortuna che non c’è un ali-to di vento e la sigaretta si consuma senza fare danni. Bruno si è addormentato. Nel sonno si ritrova nel deserto. Ma non gli sembra di so- gnare. È proprio come si ritrovasse davvero là a godersi il panorama, dall’uscio della tenda di Elina, con gli stessi colo-ri, la stessa imponenza e vastità che aveva visto per dieci bre-vissime serate. Nel deserto il sole calava lento ma appena sparito dietro la duna più alta facendo appena in tempo a dare un colore ramato alla superficie del lago, si faceva subito buio, il lago diventava argentato e per qualche minuto restava l’unica luce a orientare gli ospiti del campo. Poi si accende-vano le luci delle tende, del refettorio e del grande tendone a protezione dei reperti e tutto il resto diventava nero e invisibi-le. Ma in quei pochi momenti si creava un’atmosfera incanta-ta dove le ombre si muovevano nel più assoluto silenzio. Per Bruno quelli erano i momenti più belli della giornata. Con E-lina seduta accanto aveva la sensazione che fossero tutti e due sospesi nel tempo e nello spazio circondati soltanto da ombre cortesi e rispettose della loro intimità.

Source: http://www.bonaccorsoeditore.it/pdf/narrativa-56-calabretta-n.pdf

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SUTURES Cedars-Sinai Medical Center Department of Surgery Edition: October 29, 2010 In This Issue:  Pharmacy Update  Patient Classification and Surgery (Procedure) Scheduling  Citizenship and Beyond �

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HEROIN AND RELATED OPIATES DAVID J. NUTT Psychopharmacology Unit, Bristol University Heroin is a derivative of morphine and both belong to a large family of drugs called the opiates, that were originally extracted from the resin of the opium poppy and which have been used by humans for millennia. They have strong pain-relieving actions and play a prominent role in the management of

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